venerdì 22 marzo 2013

Vegefobia By Veggie Pride Staff

Da «Riflessioni sul Veggie Pride» 
di David Olivier

La vegefobia


Il nome stesso di «Veggie Pride» fa evidentemente riferimento ai Gay Pride, poi Lesbian-Gay Pride, che si svolgono dagli anni Settanta in molte città. Mi sembra che il parallelo sia fruttuoso, e che alcuni concetti della militanza omosessuale si possano applicare anche per il vegetarismo. In particolare, è possibile riscontrare e denunciare nelle nostre società una vegefobia, un'ostilità contro coloro che si rifiutano di partecipare al grande massacro. Con il Veggie Pride rivendichiamo il nostro coming out, la nostra uscita allo scoperto. Sia la mia esperienza personale che le testimonianza di altri, mi portano a credere che questo non sia affatto semplice, e che dobbiamo far fronte alla chiara volontà di farci vergognare della nostra preoccupazione per gli animali non umani.

Quando un crimine viene commesso da una collettività, si sospetta di coloro che rifiutano di parteciparvi; è difficile credere che questo rifiuto non implichi un giudizio, una condanna silenziosa, che un giorno potrà diventare una aperta denuncia. La vegefobia testimonia implicitamente il fatto che, nel profondo, tutti sanno cha abbiamo ragione; tutti sanno che tutti dovrebbero smettere di mangiare gli animali. Questa vergogna che ci viene imposta, questo «Hitler era vegetariano» che ci si getta contro con tanta disinvoltura, non sono che il riflesso speculare della vergogna verso se stessi che provano tutti coloro che partecipano a questo crimine collettivo.


Ci sono mille modi per il vegetarismo di restarsene nascosto. Il primo è quello di tutti coloro che mangiano carne, rimuovendo qualsiasi domanda in proposito. Altri ammettono i loro dubbi, ma non li mettono in pratica, cedendo alla pressione della famiglia, dei colleghi, dei clienti, degli amici. Altri sono vegetariani, ma solo a casa propria, quando nessuno li vede. Altri ancora sono più convinti, ma evitano i pranzi familiari, portano il loro cibo da casa piuttosto che andare alla mensa e si tengono lontani da tutte quelle situazioni in cui la loro «particolarità» potrebbe essere notata.

Una parola sulle mense: dato che le/i vegetariane/i si nascondono, raramente le mense sono poste di fronte all'esigenza di fornire pasti senza carne. Quando però ciò avviene, oppongono una resistenza molto particolare, che a poco a che fare con le difficoltà tecniche che vengono invocate. Accetteranno più facilmente altri tipi di pasti particolari. Bisogna infatti notare che uno stesso pasto senza carne potrebbe soddisfare sia le esigenze degli ebrei che dei musulmani – e quelle di tutti, del resto! Dal punto di vista organizzativo, un menù unico, vegan, sarebbe in effetti una semplificazione, non una complicazione. E tuttavia è come se i carnivori non solo si permettessero di mangiare gli animali, ma si sentissero obbligati a farlo.

Il vegetarismo non è proibito dalle nostre leggi, ma si tende a considerarlo un'espressione di settarismo e, come tale, è sottoposto ad una repressione ufficiosa. D'altra parte, le autorità mediche francesi mentono sistematicamente sul vegetarismo e ancor più sul veganismo, diffondendo l'idea che l'alimentazione umana non possa fare a meno dello sfruttamento degli animali. Queste opinioni aberranti adombrano una minaccia legale contro chi vuole crescere i propri figli senza carne; se non è una motivazione sufficiente per sottrarli alla loro podestà, sarà una circostanza aggravante laddove ci siano dei problemi di tipo sociale o altro. E parallelamente sarà più difficile per questi genitori trovare dei consigli pediatrici e dietetici oggettivi e pertinenti, dato che i medici si chiudono spesso nel totale rifiuto. Insomma, se il carnivorismo non è imposto da nessuna legge scritta, ogni sua rimessa in discussione è sistematicamente emarginata.


Nessun commento:

Posta un commento

Ti invito a commentare con parole costruttive altrimenti il tuo commento non sarà pubblicato.